''Questo romanzo raccontava la storia di alcuni ragazzi comunisti e delle loro vicende amorose in rapporto all'ideologia politica: voleva cioe' rappresentare la misura in cui incide sulla vita privata un partito che non lascia all'uomo residui di individualita''. Cosi' nel 1953 Alberto Moravia parlava di un suo romanzo, che dichiarava di aver bruciato.
Nel 1996 in una valigia nella cantina di casa sua in tre differenti, incomplete versioni, venne ritrovato un manoscritto che potrebbe essere quel testo di cui parlava Moravia come anche no.
Con puntiglio filologico Simone Casini, ne cura l'edizione per la Stampa del 2007, ultimo testo inedito di Moravia pubblicato.
Voglio cominciare con Moravia a parlare degli ultimi autori della letteratura italiana che negli anni Ottanta e nei primi Novanta erano ancora tra noi, a renderci fieri dei nostri natali, a mostrarci ancora quel soffio di immensa ispirazione letteraria oggi così lontana.
Ammetto la mia debolezza: Moravia è tra gli autori che amo, ho amato e per sempre amerò di più al mondo.
Gli Indifferenti è per me il più bel romanzo del Novecento italiano.
La penna di Moravia è una delle cose per le quali è valsa la pensa vivere su questa terra.
Moravia è morto nel 1990. Per quasi dieci anni abbiamo vissuto sulla stessa terra.
Questa è una di quelle cose che mi inebria.
Non è fanatismo o sudditanza, io amo le sue parole come fossero una persona fisica, ho amato le sue parole per tutta la vita, ho studiato per poter comprendere la sua grandezza.
I detrattori di Alberto Moravia dicono di lui: "ha continuato a scrivere Gli Indifferenti per tutta la vita", io dico che avrei voluto più di una vita per Moravia affinchè, per più di una vita, potesse continuare a scrivere Gli Indifferenti.
Perchè un romanzo come quello non ha un inizio e non ha una fine, non li ha e non dovrebbe averne mai.
Moravia ha pubblicato la sua opera prima, Gli Indifferenti appunto, senza nessuna base didattica o accademica. A nove anni lo colpì la tubercolosi e lasciò la scuola. Tredici anni dopo, a soli 22 anni, pubblicò il capolavoro della sua vita e disse:
<< diventai scrittore senza alcuna preparazione accademica o scolastica, scoprendo le parole insieme coi fatti>>
Ed ecco che quasi dieci giorni delle mie parole si azzeranno su queste di Moravia.
Eccolo lo scrittore, incarnato in questo ragazzo che scopre le parole insieme coi fatti.
Quanto avremmo bisogno, oggi, di un autore capace di usare lo strumento filosofico per condannare ideologie senza farne una questione politica?
Quel modo di condannare l'inettitudine borghese, quando sarebbe cara al nostro mondo che non trova via d'uscita?
Eccolo l'intellettuale capace di guidare le coscienze, ecco perchè non veniamo fuori dal buco nero nel quale siamo finiti, ecco quello che servirebbe ai nostri giovani per svegliare la coscienza rivoluzionaria. Perchè la rivoluzione non è un concetto politico, non è una questione di armi o manifestazione, è una questione di vivacità intellettivo, di ribellione spirituale, VERA.
Oggi siamo tutti come il giovane Michele de Gli Indifferenti, tutti pronti a presentare un regolamento di conti con una pistola senza colpo in canna.
E Moravia, allora, mascherato dal pessimista che tutti hanno voluto leggere, ha denunciato la malattia del mondo. E l'ha riscritta per tutta la vita, in forme e modi diversi, ha continuato a mettere alla berlina l'indifferenza, la noia, la disubbidienza, la prepotenza e la rinascita de "La Ciociara".
Lo stupro in "La Ciociara" è la violenza alla quale non ci dobbiamo arrendere, è la violenza estrema alla quale siamo assoggettati e non riusciamo a liberarci.
E Moravia, scrivendo Gli Indifferenti per tutta la vita, non ha espresso una visione immobile del mondo, ma ha tentato di destare dal sonno le nostre menti.
<< un intellettuale non altro che il testimone di questo tempo >> Diceva Moravia.
Ed è l'intellettuale vero che manca al nostro, di tempo.
Nella svolta narrativa e tematica de "La Ciociara" Moravia disse di aver reso il suo "omaggio di romanziere alla resistenza" .
Ed eccola ancora la forza delle parole, più forte delle bombe e della violenza della guerra.
Ci si chiede se i limiti del Moravia narratore, i limiti linguistici e tematici, siano dovuti alle sue carenze didattiche.
Io mi chiedo cosa si possa imparare di più, come si possa usare in modo più sapiente questa nostra nobile lingua. Perchè Moravia non ha scelto, Moravia non ha scelto di essere scrittore, non ha scelto le parole di usare, non ha scelto i temi da trattare. Moravia è stato scelto.
E' stato scelto dal talento, è stato schiavo di un talento da assecondare.
E se nel 2007 abbiamo avuto la necessità di tirare fuori dalle ceneri una sua opera è perchè di quelle scelte, oggi, avremmo ancora tutti bisogno!