Storia

G8 di Genova: 18 - 22 Luglio 2001

G8 di Genova: 18 - 22 Luglio 2001

Siamo arrivati a raccontare di Bush, siamo arrivati a vedere la sua presidenza dall'inizio alla fine.

E' doveroso un passo indietro però.

Prima dell'11 Settembre, prima della paura per il terrorismo.

Abbiamo parlato del capitalismo, abbiamo parlato della strategia della tensione e dell'avvento dei mass media.

Allora andiamo a capire com'era il mondo poco prima di veder cadere le due torri.

Prima dell'11 Settembre c'era stato il G8 di Genova.

I sette rappresentanti dei sette paesi maggiormente industrializzati del mondo più la Russia, la Russia di Putin.

A Genova.

Il secondo governo di Berlusconi.

Le zone rosse.

I cortei.

Il nostro presidente del consiglio Silvio Berlusconi si era occupato personalmente della disposizione delle fioriere intorno a Palazzo Ducale, dove si sarebbero svolte le riunioni.

Il nostro presidente del consiglio si era anche raccomandato di non esporre panni ad asciugare nei giorni del G8, se ne era raccomandato vietandolo.

Il G8 si svolse nei giorni dal 18 al 22 Luglio 2001.

I primi due giorni furono di manifestazioni pacifiche.

Il 20 Luglio ci fu la guerra. La guerra vera e propria. Fatta di armi, manganelli, lacrimogeni, feriti e morti.

I Black bloc, vera minaccia da cui guardarsi, arrivavano sui luoghi limitrofi ai cortei pacifici, distruggevano, istigavano e poi sparivano.

Sebbene molti di loro fossero già schedati, sebbene si sapesse del loro arrivo alle frontiere, sebbene da mesi si allertavano le forze dell'ordine rispetto alla minaccia anarchica. Nonostante tutto questo i Block block arrivavano, distruggevano, istigavano e poi sparivano.

Dopo il loro passaggio le forze dell'ordine caricavano i manifestanti. I manifestanti vestiti di bianco, mani in alto dipinte di bianco e movimenti pacifisti.

Ma perché la polizia caricava qualsiasi manifestante gli si parasse davanti?

Da mesi prima la stampa nazionale ed internazionale ammoniva riguardo le ipotesi di risvolti tragici che avrebbe potuto prendere questo G8.

Si diceva che c'era il rischio di incidenti gravissimi, si diceva che erano attese manifestazioni violente contro la globalizzazione. Si disse che alcuni giovani dei centri sociali preparavano attacchi alle forze dell'ordine attraverso palloncini carichi di sangue infetto, attraverso i cani pitbull.

Addirittura la BBC disse che il governo italiano si stava procurando circa duecento body bag (i body bag sono quei sacchi dove vengono riposti i cadaveri in guerra).

Quelli che solitamente sono abituati allo scontro con teppisti da stadio, giovani carabinieri e poliziotti inesperti, vennero spediti a Genova per vegliare sull'ordine pubblico.

Si sapeva, per ammissione dei responsabili della sicurezza, che giovani abituati allo scontro da stadio o giovani che stavano affrontando il servizio di leva non potevano garantire la calma. Che, testuali parole, se isolati, in preda al panico, avrebbero potuto fare fuoco in modo sconsiderato.

Una premonizione insomma.

La compagine inviata a Genova fu dotata di armi non ordinarie, nuovi manganelli, in alluminio e con forma ad L, gas lacrimogeni di quelli che in guerra sono vietati come tutte le armi chimiche.

Durante una carica contro un corteo pacifico una registrazione della centrale operativa testimonia queste parole " Ma no, stanno caricando le tute bianche, porco giuda".

Eh si, hanno caricato le tute bianche.

Erano stati richiesti al carcere di Marassi per contrastare i Black bloc. Hanno raggiunto il corteo e lo hanno caricato.

Hanno lanciato blindati e defender contro i manifestanti, li hanno spaventati a morte.

Alcuni si sono ritirati, alcuni sono stati arrestati. Altri li hanno inseguiti.

Tra questi Carlo Giuliani.

Al mattino aveva preso parte al corteo dei migranti. La sera prima aveva assistito al concerto di Manu Chao.

Aveva chiamato il padre al mattino dicendogli che la polizia caricava, che la situazione era delicata.

Questo padre oggi non si rassegna, non si perdona di non aver convinto suo figlio a tornare a casa.

Ora Carlo rispondeva alle cariche.

Rincorre un defender dei carabinieri. Gli agenti schierati indietreggiavano in modo scomposto ostacolandosi tra di loro, ostacolando la ritirata dei propri automezzi.

Il defender rimase isolato.

Manifestanti infuriati lo presero d'assalto.

Giuliani si avvicina rabbioso, nella mente forse i colpi di manganello che avevano percosso i cortei pacifisti fino a poche ore prima.

Un mano dall'interno del mezzo punta contro di lui, altezza uomo, spara. Lo colpisce. Giuliani cade a terra.

Il defender ingrana la retromarcia, passa sul corpo di Giuliani una volta, la seconda.

20 Luglio 2001. Ore 17.27. Piazza Alimonda. Carlo Giuliani è morto.

Nel frattempo tutti i manifestanti, i giornalisti, i cittadini, gli studenti.

Uomini, donne, maggiorenni e minorenni vengono portati al carcere di Bolzaneto. Quello che era stato predisposto per il fermo dei Black bloc nei giorni precedenti al G8.

Fino alla mattina del 20 Luglio il carcere era deserto. Nessun Black bloc schedata, fermato, interrogato.

Le forze dell'ordine portarono in carcere i manifestanti.

Una studentessa toscana racconta di esser entrata in un bar perché aveva bisogno del bagno, non fece in tempo a raggiungerlo il bagno. Le forze dell'ordine fecero irruzione, buttarono un lacrimogeno del bar. Colpirono i manifestanti. Li prelevarono. Tra questi la studentessa toscana. Colpevole di nulla. La chiamarono "Troia Comunista".

Trovarono gli obiettivi della macchina fotografica nel suo zaino, glieli ruppero contro l'asfalto e gli dissero " Volevi fare le foto? Ora questi ti li mettiamo in su per il culo".

Arrivata in caserma la studentessa disse : " Ma io ero solo in bagno, non ho fatto nulla" gli ufficiali risposero : " Eri in bagno a fare pompini, ora fai vedere anche a noi come facevi".

La picchiarono, la portarono in carcere insieme ad altri manifestanti.

Picchiati, feriti, insultati.

Costretti faccia al muro.

Costretti a marciare sotto gli occhi della polizia con la mano destra alzata in saluto romano.

Chiamati sporchi comunisti.

Alle donne ammassate in una cella dissero che prima o poi le avrebbero stuprate a turno.

Nella zona rossa intanto niente panni stesi.

Perfetti i fiori nelle fioriere.

La notte seguente la polizia fece irruzione nella scuola Diaz dove riposavano manifestanti e giornalisti. Italiani e stranieri.

Carneficina.

Uno stesso esponente delle forze dell'ordine ammetterà di aver assistito a scene da "Macelleria messicana".

Ad essere macellati erano i manifestanti pacifisti sorpresi nel sonno.

Una guerra quella del G8 di Genova, una guerra indegna di un paese civile e democratico.

Una guerra in cui le vittime della polizia non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto e giustizia.

Faccia al muro, picchiati, sfigurati, terrorizzati, minacciati.

Una guerra senza precedenti.

Amnesty international disse che a Genova si verificò « La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale. »

Nella zona rossa intanto niente panni stesi.

Perfetti i fiori nelle fioriere.

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I vostri commenti

Giuliano Giuliani
Mi limito ad alcune necessarie correzioni del testo, ovviamente fino alla cronaca dell’uccisione di Carlo, argomento sul quale ho titolo a parlare e scrivere, soprattutto perché la triste vicenda l’ho analizzata, rivista, meditata, confrontata, ripassata troppe volte, come per altro occorrerebbe sempre fare prima di aprire bocca o battere tasti. Le più banali riguardano le date: il concerto di Manu Chao, al quale Carlo partecipa, si svolge nella serata di mercoledì 18 luglio, il corteo dei migranti è di giovedì 19. Le più serie: 1) la telefonata di Carlo da Piazza Manin, dove è presente il presidio della Rete Lilliput, è delle ore 15; il contingente della polizia che aveva raggiunto in ritardo il carcere di Marassi non trovando più nessun black bloc, era poi risalito verso la piazza e caricato brutalmente i manifestanti con le mani alzate; 2) questa teoria dei giovani carabinieri impreparati è giustificatoria: i nuclei di comando dei vari reparti sono, almeno stando alle precedenti imprese, dei gruppi di élite (quello che opererà in Piazza Alimonda era già presente in Somalia, a Mogadiscio, nei giorni dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, e aveva preso parte a varie azioni di guerra successive ignobilmente chiamate campagne di pace); 3) questa storia del defender isolato e circondato è una insopportabile litania, identica a quella della “città messa a ferro e fuoco”: non è isolato, ci sono decine di carabinieri a una decina di metri e cinquanta poliziotti a una cinquantina di metri, mentre i manifestanti vicini alla jeep sono una quindicina e fra essi ci sono (questi davvero pericolosi!) quattro fotografi; 4) Carlo può anche darsi che fosse rabbioso, con tutte le ragioni possibili dopo quello che aveva visto e subìto; arriva per ultimo dalle parti della jeep e ha visto una pistola puntata da tempo e con il proiettile messo in canna; raccoglie un estintore lanciato in precedenza da un manifestante verso la camionetta e cerca, forse con un eccesso di presunzione e di fiducia nel comportamento del militare, di disarmarlo per annullare la minaccia rivolta ai manifestanti (e c’è il particolare non trascurabile della distanza di Carlo dalla jeep: 4 metri); 5) l’obbrobrio delle azioni sul corpo di Carlo non si ferma alla jeep che gli passa sopra due volte: un carabiniere gli spacca la fronte con una pietrata per mettere in atto un osceno tentativo di depistaggio (ricordi per caso il “l’hai ucciso tu col tuo sasso”?), che peraltro continuerà fino alle otto di sera con la complicità degli alti comandi. Mi fermo qui. Giuliano Giuliani

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