Dicevamo di come sono iniziati questi anni.
Dicevamo del terrorismo, degli attentati.
Ad essere attentata, il 13 Maggio 1981, fu anche la vita di Papa Giovanni Paolo II.
L'Italia si avviava verso un'altra estate di paura.
L'Italia stordita. Ferita. Sconsolata.
Era il Giugno 1981.
Il Direttore del TG1 allora era Emilio Fede, che così racconta della mattina dell'11 Giugno :
<< Durante la riunione di redazione del mattino, quella che imposta tutte le varie edizioni, ricordo che mi sono chiesto se non fosse possibile trovare qualche fatto di cronaca, per vivacizzare la scaletta di quella giornata. Il Caporedattore era Andrea Melodia, e mi fa: "Guarda direttore, l'unica cosa è che hanno chiamato i vigili del fuoco che sono andati a Vernicino a salvare un bambino che è caduto in un pozzo". Beh, mi dico, è una bella storia. Un asso nella manica per riportare le cose in positivo. Feci mandare quindi la telecamera mobile.>>
Nel pozzo artesiano di Vermicino dalle 19.00 del 10 Giugno era scivolato Alfredo Rampi. Poi divenuto per tutti "Alfredino".
La telecamera mobile del TG1 arrivò sul posto.
L'Italia intera si strinse intorno al pozzo ad attendere di poter conoscere il volto di "Alfredino".
La Mamma di Alfredo, La Sig.ra Franca Rampi, capì da subito che i soccorritori non sapevano come procedere per tirare fuori il suo bambino dall'incubo atavico del buio, del soffocamento, dell'immobilità.
Per ascoltare la voce ed il respiro di Alfredo venne calato un microfono nel pozzo. Il microfono poteva permettere, ai medici di monitorare le condizioni di Alfredo ed alla Mamma di parlare con lui.
La telecamera mobile intanto raggiungeva Vermicino. Troppo vicino a Roma per farsi scappare la possibilità di regalare una buona notizia agli italiani.
Storditi. Feriti. Sconsolati
Nessuno si era posto il problema dell'inadeguatezza, sempre troppo italiana, dei mezzi di soccorso.
Nessuno aveva pensato che quella telecamera mobile avrebbe potuto gettare in pasto al paese il volto di una madre che non può salvare la vita di suo figlio.
Di un padre che vorrebbe scavare con le unghie fino a ridare l'aria al proprio bambino.
Il mezzo televisivo era stato importante durante la prima notte di Alfredo nel pozzo.
Aveva allertato, attraverso le reti locali, mezzi e uomini utili alla causa del piccolo Alfredo Rampi.
Uomini e mezzi arrivarono sul posto.
Inadeguati. Impreparati. Grossolani.
Ma Arrivarono.
Arrivarono i soccorsi.
Arrivarono le telecamere.
Un giorno ed una notte interi non bastarono.
Calarsi nel pozzo di un diametro stimato intorno ad i trenta centimetri era impossibile.
Per recuperare Alfredo in vita si decise di scavare un pozzo parallelo con il quale poi poter raggiungere il bambino e restituirlo ai propri genitori, ed all'Italia intera.
Era il 12 Giugno quando tutti i giornali ed i telegiornali aprirono con i fatti di Vermicino.
E fu così che iniziò la tragedia nella tragedia per la famiglia Rampi.
Una folla in trepidante, morbosa, curiosità mista a speranza si riversò sulle terre che avevano inghiottito Alfredo.
Sciacalli pronti all'uso raggiunsero il posto con i loro baracchini.
Lo scenario agghiacciante che si parava di fronte al mondo era quello di una famiglia china verso il centro della terra.
Una squadra di uomini incapaci di arrivare lì dove Alfredino gridava "tiratemi fuori".
Un cinema all'aperto proiettava la vera tragedia di un bambino intrappolato nel suo incubo.
Un pubblico intorno. Acquistava e consumava cibarie e bevande varie.
Il primo pubblico della vergogna nella storia d'Italia.
Alle ore 14.00 Piero Badaloni sta per chiudere il Tg1 quando chiedono la linea da Vermicino. Il Capo dei vigili del fuoco era convinto che di lì a qualche decina di minuti avrebbe restituito alla vita "Alfredino".
Da quel momento iniziò la più lunga diretta della storia della televisione. Diciotto ore sul pozzo di Vermicino. Tutta l'Italia. Tutta la televisione.
A reti unificate.
Il microfono che doveva servire a mettere in contatto Alfredo Rampi con la superficie diventò l'amplificatore del terrore. Diventò la psicosi e l'incubo di una generazione che non dimenticò mai la voce del figlio d'Italia che chiedeva alla Mamma di tirarlo fuori.
Diciotto ore per consegnare alla storia il fallimento dell'uomo.
Diciotto ore per privare una Mamma delle ultime ore di vita del figlio.
Diciotto ore per rendere la voce di Alberto Rampi l'inizio della Tv del dolore di cui ancora oggi siamo vittime e carnefici.
Forse volontariamente, o forse no, in quei giorni chi voleva capire capì che bastava gettare un dolore come sabbia negli occhi delle persone, per renderle cieche.
Dalle 14.00 di quel 12 Giugno nessuno poteva spegnere le speranze di rivedere Alfredo tornare tra le braccia della madre.
La voce che dal ventre d'Italia chiamava verso il cielo faceva l'appello delle coscienze di ognuno.
Chi decise di continuare verso la diretta decise per tutti.
Decise per Alfredo. Per la sua famiglia.
Per l'Italia intera che non poteva far finta di non sapere che c'era una vita che chiamava dal profondo della terra.
La televisione che prima era intrattenimento, spettacolo e informazione, ora diventava diretta del dolore, cronaca della disperazione, realtà viva dalla quale non era possibile fuggire.
Alle volte ripensando a Vernicino mi è capitato di pensare se paradossalmente era la vita che volevano vedere? Era l'abbraccio con la mamma che speravano?
O forse qualcuno ha consultato gli indici di ascolto sperando che ci volessero più di una manciata di minuti?
Forse quella notte Alfredo Rampi ha punito tutti. Tutti questi pensieri, tutta questa morbosa voglia di dimenticare le proprie vergogne attraverso il grido disperato di un bambino che voleva vivere.
Alfredo non tornò a riabbracciare la Mamma. Non riuscì a vincere.
Troppo piccolo lui, contro un paese interno che gli affidava il compito di donargli speranza.
Troppo piccolo lui, per far dimenticare bombe, crisi, logge massoniche, disinformazione, malcontento.
Troppo piccolo lui, per resistere ai colpi della macchina trivellatrice che scavava il pozzo di soccorso facendolo sprofondare altri 30 metri in fondo alla terra.
La mattina del 13 Giugno Alfredo era morto.
Il suo corpo restituito al cielo 28 giorni dopo.
La voce di Alfredo Rampi, invece, quella alla sua famiglia non venne restituita mai.